Il karate, per noi dell’associazione Scuola Karate Resana, non è soltanto uno sport. Entrare nel dojo, imparare le tecniche di combattimento e difesa, allenare la mente e il corpo, confrontarsi con altre persone della stessa età o di età differenti… tutto questo trascende la semplice attività sportiva e permette di raggiungere obiettivi come lo sviluppo del fisico, l’aumento della resistenza alla fatica, il miglioramento della coordinazione motoria, ma anche lo spirito di sacrificio, il coraggio, l’intelligenza. Se parliamo di karate parliamo di una disciplina completa, capace di aiutare la persona ad affrontare la vita di tutti i giorni anche al di fuori della palestra. Il karate offre ai suoi atleti gli strumenti per sostenere ogni sfida e ogni aspetto della quotidianità, dall’istruzione al lavoro fino al tempo libero, sia da adulti sia soprattutto da ragazzini e prima ancora da bambini.
Quanto volte sentiamo storie di adolescenti che hanno problemi con droghe, alcool, videogiochi, che non vogliono studiare, che diventano violenti e irresponsabili? Succede per i motivi più disparati, ma alla base ci sono sempre gli stessi fattori: malessere interiore, bisogno di attenzione, mancanza cronica di disciplina. È proprio su questi aspetti che si concentra la formazione del karateka. È qui che si gioca la vera partita contro i nostri avversari più temibili: non gli altri karateka, bensì le paure, le ossessioni, l’ipocrisia, la solitudine. Sono questi i veri demoni che noi e i nostri figli dobbiamo imparare a combattere a mani nude. Ecco che il karate diventa metafora di qualcosa di più profondo, che riguarda sì la parte tecnica ma anche il nostro viaggio, giorno dopo giorno, in questo mondo.
LE DIFFERENZE TRA EDUCATORI E GENITORI SECONDO E. ROCCO
La riflessione che abbiamo condotto fin qui nasce dalla lettura di un estratto pubblicato online da Enrico Rocco, allenatore di basket con la nostra stessa idea di sport come scuola di vita. Di seguito riportiamo i passaggi più significativi e illuminanti.
voi considerate vostro figlio un bambino di 13-15-17 anni;
noi consideriamo i vostri figli persone di 13-15-17 anni.
voi considerate vostro figlio NON capace di prendere decisioni perché bambino;
noi consideriamo i vostri figli persone capaci di prendere decisioni e sul campo pretendiamo che prendano decisioni.
voi spesso non sopportate le regole, da voi definite rigide, che noi diamo a vostro figlio;
noi invece diciamo ai vostri figli che le regole vanno rispettate, perché in un gruppo non si è soli e il rispetto verso l’altro è la base.
voi amate vostro figlio
noi amiamo i vostri figli